Corrado Fatta della Fratta (1903-1979), fu illustre storico e filosofo. Era figlio primogenito di Giovanni Fatta Caminneci e Virginia Fatta Pojero; la famiglia abitava insieme ai nonni Orazio e Sistina al piano nobile di Palazzo Fatta in Piazza Marina. Da qui, insieme allo zio Salvatore Fatta Caminneci fratello di suo padre, la famiglia si spostò successivamente in via Ingham e in seguito agli sventramenti di Via Roma, acquistò il palazzo di Via Siracusa 8, che sorgeva presso Via Libertà nel nuovo centro cittadino elegante, nell’area del “Firriato Villafranca” precedentemente occupata dall’Esposizione Nazionale del 1891. Questa casa occupava una vasta zona da Via Siracusa fino a Via Trapani, ed includeva un grande giardino che da un lato confinava con la famosa vecchia ferrovia sotterranea che traversava la città. Giovanni Fatta abitava con la moglie e la famiglia al 1 piano e suo fratello Salvatore al pianterreno col giardino. Successivamente alla morte di quest’ultimo, Orazio figlio di Giovanni si stabilì con la famiglia al pianterreno, con la sua terrazza e la bella villa con palme e alberi esotici, il cui viale di accesso fiancheggiato dai leoni di pietra dava su Via Trapani. La sorella Caterina invece, dopo il suo matrimonio con il Conte Francesco Maurigi, abitava al pianterreno lato Via Siracusa.
Corrado ebbe un’educazione rigida, insieme ai fratelli, e sotto la guida dell’istitutrice Anita Medda – poi lettrice di tedesco all’Università di Palermo – studiò profondamente francese, inglese, tedesco e rudimenti di spagnolo. Viaggiando per l’Europa, perfezionò la sua cultura e fu in contatto con diversi intellettuali dell’epoca.
Come in tutte le famiglie nobiliari palermitane, la lingua parlata in casa era il francese, alternata al tedesco che veniva usato in particolari circostanze a seconda dell’argomento in discussione, o all’inglese. Fu tutta la vita sotto l’influenza della madre, dalla grande volontà e idee lungimiranti, carattere forte e dominatore, che non riteneva lui fosse adatto alla vita matrimoniale e che non consentì a suoi legami sentimentali: infatti non si sposò. Mai in questo lui la contraddisse; secondo gli usi antichi, a lei egli si rivolgeva dandole del “Vous”.
Amava gli studi storici e filosofici e la scrittura; in tarda età come hobby si dedicò alla filatelia. Profondo conoscitore della Germania, scrisse sulle “Origini della Germania contemporanea”, un volume su Enrico VIII ed uno studio su Falstaff, tradusse Hegel dal tedesco con Guido Calogero. Fu amico di André Malraux ed essendo di cultura e madrelingua francese, scrisse in francese i saggi “Du snobisme” e “L’Esprit de Saint-Simon” per cui ebbe la Legion d’Onore al merito letterario della Repubblica Francese; si dedicò infine agli studi storico-filosofici con due saggi, “Il mito della Potenza” e “L’Esperienza della Storia” .
Fine letterato e aristocratico, studioso di Nietzsche e di Kirkegaard, filosoficamente pessimista, amico fraterno di Giuseppe Tomasi di Lampedusa e appartenente a quella famosa cerchia di intellettuali palermitani, tra cui erano Lucio Piccolo, Bebbuzzo Sgadari, e cui si univano i giovani Gioacchino Lanza Tomasi, Francesco Agnello, Francesco Orlando. Sotto il peso delle forti tradizioni non si rivelò in grado di affrontare positivamente il futuro in seguito agli stravolgimenti politici e sociali provocati dalla guerra.
Membro del Corpo della Nobiltà Italiana e poi Presidente della Giunta Araldica Centrale, si dedicò con scrupolo alle ricerche storico-genealogiche. Fu Socio del Circolo Bellini di Palermo, facendo parte del Consiglio Direttivo e divenendone poi Vicepresidente. Negli ultimi anni della sua vita si dedicò con passione alla filatelia. Non amò mai le fotografie come invece il padre Giovanni che ne era appassionato cultore, per cui è difficile ritrovare sue immagini. Formalmente conservatore, aveva sviluppato un intimo desiderio di ribellione e di sovvertimento; amante degli studi e della speculazione intellettuale, raffinato aristocratico, non era portato alla gestione pratica degli affari e alla conduzione delle aziende agricole familiari, di cui si disfece appena si sentì libero dalle costrizioni materne, spingendo il fratello Orazio a fare altrettanto. Avvenne così anche la vendita del palazzo di famiglia di Via Siracusa-Via Trapani, in occasione del famoso e malaugurato “sacco di Palermo” degli anni ’70, sotto il timore di leggi vessatorie di stampo comunista. Al trasloco, bruciò tutte le carte, le foto, e la corrispondenza del suo passato; diede alla Biblioteca Nazionale di Palermo (oggi Biblioteca Centrale della Regione Siciliana) gran parte della sua biblioteca.
Particolarmente attaccato al fratello Orazio, con il quale aveva vissuto per tutta la vita, morì di crepacuore dodici giorni dopo la di lui improvvisa e inattesa scomparsa.
Opere:
Il Regno di Enrico VIII d’Inghilterra, secondo i documenti contemporanei, voll 2, Firenze 1938, La Nuova Italia;
Le Origini della Germania Contemporanea, vol.1, dalle origini al XVI secolo; Firenze 1944, La Nuova Italia;
John Falstaff, Knight. A life. 1944, Palermo, Ires;
Esprit de Saint-Simon, Paris 1954, Buchet-Chastel;
Du Snobisme. Un chapitre d’Anthropologie, Paris 1961, Buchet-Chastel
L’Esperienza della Storia, Palermo 1970, Flaccovio;
Il Mito della Potenza, l’esperienza della storia II, Palermo 1974, Flaccovio;
In collaborazione con Guido Calogero, trad. dal tedesco:
Hegel, lezioni di filosofia della storia, vol.4, Firenze La Nuova Italia.
Testi di Virginia Fatta Martinez Tagliavia