Quando nel 1992 comprammo la nostra proprietà, Palazzo Mango era in uno stato di totale abbandono. Le strutture erano sane, ma bisognava saper leggere oltre le superfetazioni e al di sotto degli intonaci scrostati, cercando la stratigrafia dei muri e della costruzione.
L’androne era in uno stato deplorevole, con mura scrostate, tubazioni e cavi a vista ovunque e infestato da piccioni. I locali al pianterreno erano stati adibiti a falegnameria e deposito legname, il falegname abitava nella ex-portineria, trasformata poi anch’essa in deposito e piena di materiali eterogenei che ne occludevano del tutto l’accesso. L’antica porta carraia sulla Via delle Scuole era stato ristretta con mattoni e ferri a T, presumibilmente all’inizio del ‘900, per collocarvi una saracinesca metallica.
Ci vollero molti anni per iniziare il restauro; per quanto all’inizio avessimo intenzione di iniziare subito i lavori e trasferire lì la nostra residenza palermitana: incaricammo l’Arch. Renato Zanca di redigere il progetto di restauro, ci rendemmo poi conto che i tempi non erano maturi e sopravvennero altre urgenze familiari che ci costrinsero a rimandare i lavori, complicati dal fatto che la nostra vita si svolgeva lontano da Palermo, la carriera diplomatica implica una vita in movimento e in continuo trasloco.
Eravamo ancora in Siria e stavamo per tornare a Roma quando, quasi per caso, cominciammo i lavori, dal basso: ci trovammo infatti nella necessità di rifare tutti gli scarichi e l’impianto delle fognature del palazzo che erano ancora quelle originarie. Sotto il pavimento erano scavati lunghi canali a sezione rettangolare, foderati e coperti da lastroni di tufo, ormai totalmente ostruiti da terra. I canali correvano sotto il basolato che si dovette togliere e rimettere a posto, con operai specializzati, numerando tutte le basole onde rimetterle nello stesso ordine precedente. Fu allargata la porta del garage, riportandola all’originaria ampiezza e struttura, mettendo così a vista l’antica arcata e i pilastri laterali costituiti da alti blocchi lapidei.
Passarono poi altri anni, e finalmente nel 2002 iniziammo la prima fase di lavori al piano nobile, quella relativa all’abolizione dei tramezzi e agli impianti. L’appartamento si trovava frazionato in una serie di stanze e corridoi e disimpegni; era nostra intenzione recuperare l’antica pianta originaria e gli antichi spazi abitativi. I tetti erano bianchi, tranne uno dove spiccava al centro della volta un riquadro dipinto con scena mitologica raffigurante Mercurio, gli altri tetti erano per lo più piani.
La nostra più grande emozione fu quando, venuti da Roma a Palermo per qualche giorno, assistemmo all’abolizione dei tramezzi nell’attuale biblioteca: appena depositata la polvere, apparve la profondità di una volta soprastante e quando – allargato ancora il buco – apparve una volta dipinta. Ma la sorpresa più grande avvenne all’abolizione dei tramezzi nel salone – suddiviso fino allora in due stanze e corridoio- e vennero alla luce le dorature e le pitture a colori forti e vivaci della volta decorata da Antonino Manno. Tutto era stato perfettamente preservato dai controsoffitti e dell’esistenza delle volte dipinte si era perso totalmente il ricordo.
Alla conclusione della prima fase, l’appartamento aveva recuperato la sua spazialità originaria, caratterizzato da una fuga di saloni lungo la Via delle Scuole e dall’affaccio arioso sul Corso Vittorio Emanuele.
La seconda fase dei lavori avvenne qualche anno dopo, quando eravamo in Eritrea e prevedevamo il rientro definitivo a Palermo. Dedicammo particolare attenzione ai restauri delle volte e delle pitture, che furono curati con grande cura e attenzione dalla Restauratrice, Signora Rosaria Randazzo, e ci permisero altre scoperte.
Il soffitto della camera da pranzo che si presentava tutto ricoperto di una pesante coltre bianca, fu scrostato centimetro per centimetro e rivelò invece cornici e riquadri a foglia d’oro e pitture di tralci, cesti di fiori, girali e putti.
L’adiacente salottino che mostrava al centro un riquadro con scena campestre e suonatore di flauto, – la stanza della musica – si rivelò anch’essa, sotto l’intonaco bianco, tutta dipinta a motivi floreali, puttini e con scene angolari, purtroppo perdute.
Il salone di Mercurio rivelò un lambris a palmette; i colori originari vennero ripresi e fu restaurata la parete su Via delle Scuole, deteriorata per perdite idriche.
Il salone grande non necessitava di particolari puliture, ma fu fissata la pittura. L’antica alcova, adesso studio, richiese invece un gran lavoro certosino, specie la ripulitura degli intagli neoclassici della porta che erano stati completamente ricoperti da diversi strati di smalto sintetico grigio. Sulla volta, venne fuori una bella decorazione a stucchi.
La terza fase avvenne nel 2010-11, quando ci dedicammo alle aperture, i balconi che furono tutti consolidati e restaurati, gli infissi delle finestre si dovettero rifare.
L’ultimo sforzo fu poi il recupero dell’androne e della scala di accesso condominiale avvenuto nel 2012. Anche qui, vennero portati a vista gli antichi archi precedenti alle superfetazioni neoclassiche, furono sostituiti gli scalini tutti rotti o sbreccati, si dovette sostituire il vecchio portone ormai cadente con uno di eguale foggia e utilizzante i medesimi ferri di quello antico.