La Via delle Scuole prende il nome dal grande complesso delle Scuole della Compagnia di Gesù – nucleo della prima Università di Palermo – che i Gesuiti costruirono qui alla fine del XVI sec. La costruzione fu realizzata in soli due anni, dal 1586 al 1588: quando il 18 di ottobre fu inaugurato il primo anno scolastico, come ricorda in ultimo lo Scuderi. Il complesso fu nazionalizzato in seguito all’unificazione del Regno d’Italia, quando furono requisiti i beni ecclesiastici (1866); esso è attualmente sede della Biblioteca Centrale della Regione Sicilia.
La strada aveva prima il nome di Ruga di Messer Gambino dal nome di un Messer Gambino da Thetis (non Thoris come erroneamente riportato da alcune fonti, e come ci suggerisce cortesemente Henri Bresc) che presumibilmente abitava qui.
La famiglia Thetis è nota in vari documenti medievali e fioriva tra Palermo e Cefalù.
In particolare, tra i vari personaggi di questo nome, emergono due esponenti della famiglia che potrebbero aver abitato nella strada in questione: un Dominus Gambino più volte pretore attestato nel periodo 1298-1346 che è anche ricordato in un protocollo del Notaio Adamo de Citella del 1298-99 all’Archivio Comunale di Palermo per aver acquistato una schiava saracena di nome Aysha per oncie 5,1/4 e un Gambino, figlio di Benedetto, canonico di Girgenti e rettore di Santa Margherita alla Kalsa nel 1375 (ringraziamo Henry Bresc per le informazioni sui Thetis).
La strada fu poi successivamente indicata col nome di Vicolo della Neve, come risulta da antiche mappe e da fonti d’archivio. Probabilmente questo si deve alla presenza di neviere nelle cavità di cui abbonda la zona o alle botteghe di bevande fresche che qui si trovavano, come ricordano diversi autori come anche il Basile e lo Scuderi. La nostra era del resto una via commerciale molto frequentata, rappresentando lo sbocco naturale e diretto del traffico urbano proveniente dall’entroterra occidentale e diretto – da porta Carini e da Porta Sant’Agata/Bab Shantagash- attraverso il Capo, verso il Cassaro, la Cattedrale e il centro città.
Lo Scuderi riferisce anche che nel 1441 un gruppo di case appartenute al defunto Messer Gambino venne in possesso della maramma della Cattedrale.
Nino Basile, nella sua “Palermo Felicissima” (serie III, 1978, pag.63, ss.), racconta la storia del Piano della Cattedrale ed affronta anch’egli tutte le nostre disquisizioni storico-topografiche.
Gioacchino Di Marzo nel suo ponderoso studio sui Gagini basandosi sui documenti d’archivio, specie atti del Notaio Pietro Tagliante di Palermo, riporta che nella Ruga di Gambino abitava ed aveva la sua bottega sin dal 1514 Antonello Gagini, come attestato anche nel certificato di morte della prima moglie dello scultore, Caterina di Blasco,che si trova nei registri di atti parrocchiali del Duomo (op.cit. p.274). Antonello Gagini era nato nella casa di suo padre Domenico, presso il porto della Cala, che aveva conservato e che adoperava come magazzino e deposito di marmi; dopo il soggiorno messinese si era poi stabilito nella Via di Messer Gambino per la maggior vicinanza al suo cantiere principale della Cattedrale, dove era impegnato nella sua grande opera di scultura della maestosa Tribuna. In questa via aveva un secondo laboratorio. Nel corso degli anni e con l’espansione delle attività della bottega di scultura in cui era coinvolta anche la numerosa famiglia, i Gagini avevano occupato gran parte delle case della via sia per acquisto che in affitto. Per esempio, in un atto presso il Notar Pietro Tagliante si riporta che Antonello Gagini stipulò il 4 novembre 1517 un atto di enfiteusi di varie case di Donna Eufemia moglie di Gerardo di Requesenz, site in Via di Messer Gambino vicino alla sua abitazione, per alloggiarvi i giovani e garzoni da lui impiegati per la Tribuna del Duomo. Altre case aveva già acquistate precedentemente in questa via.
Risultano altri vari atti presso il notaio Tagliante, che era peraltro suo vicino di casa nella stessa strada, in cui il Gagini dispone di sue case nella ruga di Misser Gambino. Antonello acquistò anche la casa del Notaio.
Del testamento di Antonello Gagini, morto nel 1536, il Di Marzo riporta: “E con l’ammirabile attività di una non lunga vita di cinquantotto anni, tutta intesa al lavoro ed all’industria, ben egli era riuscito a formarsi buoni possessi, oltre di quanti ne avea eredati dal padre, o avuti in dote dalla consorte. Cinque case pertanto (siccome dal detto inventario apparisce) lasciò Antonello in Palermo dietro il duomo, delle quali in una ci morì e continuarono i suoi ad abitare dopo la sua morte, rilevandosi altronde, ch’erano appunto esse in via Gambino, or detta delle Scuole, con una al canto della via stessa e con facciata nel Cassaro, confinando allor con la casa della baronessa di Carcaci. Delle case medesime una era stata in prima di notar Pietro Tagliante, ed altra n’ebbe Antonello da maestro Antonio Ranzano, suo patrigno: oltreché certo di alcune averne lui fatto acquisto dinanzi, accresciutele poscia di altre tolte ad enfiteusi ed a pigione dalla nobile Eufemia Requesens, come fu detto. Ma di cotali case nulla oggi più resta, giacché assai probabilmente più tardi furono incorporate al contiguo monastero dei Sette Angeli, a cui Vincenzo, figliuol di Antonello, legò di poi ogni suo avere; (n.b. la casa di Vincenzo era dunque a Ovest, lato monte della strada, vicino a quella di suo padre) e quindi per l’ingrandimento del monastero medesimo, e non men per la fabbrica della chiesa e del Collegio Nuovo de’ Gesuiti dal lato opposto, la via Gambino de’ tempi del grande scultore ebbe ad aver mutato notabilmente di aspetto. Ivi era inoltre, in tanta vicinanza del duomo, a’ cui lavori specialmente era destinata, una di due botteghe, ch’egli teneva in Palermo, laddove era l’altra alla marina, servendo per più agevolezza al lavoro di tutte le opere, che doveano imbarcarsi e spedirsi altrove; ed in entrambe, come si nota nell’inventario, trovavansi alla morte di lui esistenti quaranta carrate o circa di marmi ed altre figure ed opere a metà fatte e non ancora fornite, senza che pur si accenni distintamente qua’ fossero. Aggiungevasi poi nella stessa contrada della Marina, daccanto al Terzana, ossia all’antica darsena, la casa, che Antonello avea ereditato dal suo genitore Domenico ed in cui era molto probabile ch’egli fosse nato, nel sito a un di presso di quella, che or come casa di lui viene accennata dalla recente lapide appostavi, comunque a mio credere non sia fin ora certezza da potere cosi precisarla.“
Da altre fonti e dalle carte topografiche sappiamo che dove fu costruito a partire dal 1586 il Collegio Massimo, nel posto dove poi fu costruita la chiesa di S. Maria della Grotta, c’era la casa di D.Pietro Ventimiglia.
Il Canonico Di Giovanni (Palermo Restaurato, 1627, ediz. anastatica Sellerio 1989, pag.129) nel suo itinerario del Cassaro, dopo aver citato la casa dell’Imbastiani, di cui è quasi contemporaneo, scrive: “Più in giù vi era la casa di D.Pietro Ventimiglia, la quale si disfece, per ivi fabricarsi la chiesa e la casa delle scuole del Collegio de’ padri del Gesù”. Questa situazione data dalle fonti letterarie, è esattamente registrata anche nelle citate piante di Palermo del Florimi e del Cartaro che rilevano nell’angolo della via di Messer Gambino con il Cassaro, in seguito occupato dalla Chiesa gesuitica di S.Maria della Grotta (oggi ingresso della Biblioteca Centrale della Regione), un fabbricato con cortile centrale facente a sua volta angolo con un non più esistente vicolo, inglobato nella costruzione del collegio gesuitico. Più oltre, verso Nord, erano numerose costruzioni, almeno 4, che furono del tutto rase al suolo incluse tutte le case che affacciavano su via di Messer Gambino e la chiesetta di S.Pantaleone (di cui nella pianta emerge anche il campanile e che sorgeva all’altezza dell’attuale Piazza Sett’Angeli). Alcune di queste case erano anch’esse di proprietà dei Gagini.
Come riporta anche lo Scuderi nella sua Storia del Collegio Massimo dei Gesuiti, alcuni “edifici preesistenti” al Complesso gesuitico “erano i palazzi di Don Pietro Ventimiglia, quello di Don Antonio Montalto, e quello di Donna Anna Ventimiglia, consorte del Montalto, il che fa supporre che le due costruzioni fossero congiunte. Le case erano in vico seu angiportu Gambini [13], locus longe nobilior secus viam maximam, quam Cassarum ex Arabae incolae appellant in altiore celeberrima que civitatis regione, inter Regium Palatium et Curiam Praetoriam.”
Risulta dunque chiaro che la casa su Via di Messer Gambino di proprietà di Antonello Gagini, facente angolo col Cassaro, riportata nell’inventario dei suoi beni, corrisponde all’attuale Palazzo Mango e fu quella ove egli abitava insieme alla sua famiglia ed in cui terminò la sua vita. Come si rileva dallo studio delle fasi costruttive del Palazzo, infatti, questo risulta dalla unione di almeno due diverse costruzioni delle quali una era certamente quella angolare sul Cassaro olim del Gagini; questa casa era seguita sulla stessa via del Cassaro dalla abitazione della Baronessa di Carcaci la quale, o fu anch’essa conglobata nel nuovo Palazzo dal Mastiani, o coincide invece con il palazzetto adiacente e confinante con l’attuale Liceo Vittorio Emanuele II e il cui piano nobile era anticamente collegato internamente a quello del Palazzo Mango.
Testi di Virginia Fatta Martinez Tagliavia